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Ci può essere un'industria di cui andare orgogliosi senza la salute delle persone? Che imprenditore è quello che si sente superiore agli altri e con poca etica invoca tecnologie superate e dannose, purché assicurino il profitto? Può a giorni alterni un'associazione importante chiedere a istituzioni e territori incentivi e sussidi, salvo alla prima occasione utile offendere le idee e il lavoro di quei soggetti pubblici e delle comunità che essi rappresentano? Il nostro Paese progredirà davvero se non c'è soddisfazione per tutti?

Insomma, Carlo Bonomi da Crema, presidente di Confindustria nazionale, imprenditore del settore biomedicale, poteva risparmiarsi una brutta figura pubblica probabilmente frutto di scarsa conoscenza come del resto ha implicitamente sottolineato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, perdonandolo.

Bastava informarsi per bene sulla storia di Taranto e sul dossier Ilva, persino su dove stia andando il mercato dell'acciaio nei Paesi più avanzati. Poteva evitare di confermare il pregiudizio per cui sono alcuni grandi interessi privati che frenano una concreta e sostenibile transizione della siderurgia italiana. Poteva risparmiarci questi stucchevoli stereotipi sull'economia del Mezzogiorno.

Noi difenderemo la nostra gente, le nostre produzioni, le nostre radici, la dignità e i sacrifici di quelle categorie che hanno patito l'inquinamento dell'ex Ilva, insieme con gli operatori dell'indotto siderurgico, ai quali potrebbe riservare migliori energie e attenzioni lo stesso presidente di Confindustria nazionale. Ci piace ricordare che mentre la siderurgia è arrivata a bruciare ogni anno centinaia di milioni di euro pubblici, l'Italia è stabilmente il secondo maggior produttore di pesca dell'intera area mediterranea, detiene attualmente il 12% del comparto dell'acquacoltura in ambito UE, che vale più di 4 miliardi di euro per decine di migliaia di partite IVA, che i commerci che originano sul mare e i porti valgono quasi il 3% del PIL nazionale.

Dopo tante ferite e delusioni, sarebbe bello vedere dissociarsi Confindustria Taranto, della quale immagino l’imbarazzo nell’essere rappresentanti da chi con incosciente leggerezza irride un intero territorio e ignora i sacrifici dei tanti operatori che vengono messi in ginocchio dalle emissioni di quella fabbrica, dopo secoli di importanti risultati. 

Inaccettabile vedere offesi imprenditori dell'acquacoltura e della mitilicoltura, che sono da sempre un bellissimo biglietto da visita per il nostro territorio. Come lo sono oggi il settore croceristico, la logistica, l'aerospazio, tutte le eccellenze ioniche che non hanno certo vantaggi competitivi dalla presenza dello stabilimento siderurgico e che pure aderiscono a quella associazione datoriale.

Vogliamo dire chiaramente a Carlo Bonomi che al tavolo per l'accordo di programma sull'ex Ilva discuteremo di chiusura dell'area a caldo, di decarbonizzazione completa, di idrogeno, di valutazione preventiva del danno sanitario, di bonifiche e, sì, anche di filiera del mare. È dove sta andando il mondo, è quello che serve alla qualità della vita dei tarantini. Magari se viene a quel tavolo, al presidente di Confindustria nazionale faremo degustare le nostre leggendarie cozze da lui sarcasticamente contrapposte agli interessi siderurgici del Paese concentrati in una città che ha già pagato un prezzo altissimo allo sviluppo del Nord e dell’Italia intera.

Il sindaco

Rinaldo Melucci

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