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Circa alcune prese di posizione sull'ex Ilva delle ultime ore, all'interno del tessuto imprenditoriale ionico, devo prendere a prestito enunciati non dell'amministrazione comunale: "È autonoma, apartitica e indipendente da ogni condizionamento esterno. [...] Sono attività istituzionali [...]: 1. favorire il progresso e lo sviluppo delle imprese, stimolare la solidarietà e la collaborazione tra le stesse, promuovere l'affermazione di un’imprenditorialità improntata al pieno rispetto delle leggi e delle regole; [...]"

Si tratta dello statuto vigente di Confindustria Taranto che, giustamente come si evince anche dai tanti momenti convegnistici pubblici e da ciò che esprime periodicamente la sua attuale direzione, ritengo democraticamente selezionata, sottolinea come la tutela del sistema di imprese locali non possa essere condizionato dagli interessi di un socio per così dire di peso, come risulta ArcelorMittal, né lo sviluppo di impresa può intendersi privo degli aspetti di solidarietà tra soggetti imprenditoriali e, in generale, il mondo del lavoro, né esso può assumersi a danno delle regole, si pensi alla vicenda ambientale e sanitaria riferibile alla produzione siderurgica come oggi si svolge, o degli interessi più vasti e variegati della collettività.

Sono stato iscritto anche io a Confindustria Taranto e mi sento nell'intimo sempre un imprenditore, dunque portato a comprendere abbastanza bene le ragioni e le difficoltà quotidiane dell'indotto dello stabilimento ora Acciaierie d'Italia. Tuttavia, sono certo che quel dissenso così grossolano dalla mobilitazione delle parti sociali non corrisponda alla sensibilità diffusa di Confindustria Taranto. Come sono altrettanto convinto che, a ben guardare, la resistenza del nostro territorio rispetto a certe ingiurie, rispetto a quel tipo di ricatti e rispetto alla mancanza di un progetto serio, rispettoso e duraturo, a fronte dei copiosi investimenti pubblici, faccia bene anche e soprattutto al futuro delle nostre imprese. Una buona impresa programma il futuro, fa sistema, non sega il ramo d'albero sul quale è seduta, solo per un'impellenza.

Convertire tecnologicamente la produzione per abbandonare lo schema a basso costo e alto sacrificio ambientale e sanitario dell'area a caldo, aprirsi a fonti energetiche rinnovabili, ridurre il perimetro della fabbrica così invasivo verso la città e il porto, al punto da soffocare ogni altra iniziativa economica, avviare processi di decarbonizzazione e decomissioning bisognosi di tanta innovazione e tante ore lavoro, occuparsi della prospettiva proprio dei lavoratori da riqualificare nell'ambito delle bonifiche, della zona economica speciale ionica, dei progetti della transizione giusta europea o della nascente hydrogen valley pugliese, piuttosto che discutere seriamente delle implicazioni tecnico-economiche dell'uso del preridotto e dei forni elettrici, come da piano della componente di Governo, o ancora chiedere allo Stato di guidare la svolta di Taranto, senza dare deleghe in bianco a un soggetto privato che ha dimostrato di comportarsi come un freddo speculatore, disinteressato delle istituzioni e di quelle regole che la Confindustria dovrebbe sorvegliare e sostenere per un mercato sano e accessibile. No, tutto questo non è affatto deindustrializzare, si chiama diversificazione produttiva, in chiave sostenibile. È il mondo del terzo millennio, bisogna farsi trovare pronti e motivati. 

Certo, serve coraggio, serve qualche miliardo, ci sono rischi, bisogna fare i conti con le politiche comunitarie. Ma è un obiettivo strategico del Paese o no? Qualcuno pensa che senza rischi e pazienza si possano creare grandi imprese, partendo da una situazione complessa come quella di Taranto? Qualcuno è davvero persuaso che possa ArcelorMittal riscoprirsi all'improvviso interessato alla qualità della vita e al futuro dei tarantini? A quelle imprese che ora sono nel guado e confuse dico non arrendetevi, non scegliete la strada più agevole, non allontanatevi dal percorso della comunità ionica, non restate per paura ancorate al passato, non fate il gioco di chi ci vuole divisi per governarci a suo piacimento.

Rinaldo Melucci

Sindaco e presidente della Provincia di Taranto

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